Cantina Fongoli è il risultato della visione di Decio Fongoli nei primi anni del 1900, quando acquisì una serie di tenute sulla sommità della collina di S. Marco, nel cuore dell’area di Montefalco, in Umbria. Come tipico in quei tempi, l’azienda si occupava della produzione di vino e olio, dell’allevamento di animali e della coltivazione di seminativi.

LE ORIGINI

La produzione dei primi vini imbottigliati risale agli anni ’40 grazie all’impegno di Angelo Fongoli, figlio di Decio. Le varietà utilizzate erano e sono il Sagrantino, il Sangiovese, il Montepulciano per i rossi e Trebbiano Spoletino e Grechetto per i bianchi. Questi vini includevano il Bianco S. Marco, il Rosso di Montefalco e il Vino Sagrantino Pregiato, che all’epoca erano considerati vini da tavola. Grazie alla passione di Angelo, il Sagrantino di Montefalco ottenne il riconoscimento della DOC nel 1977, unico in quell’anno. Dalla fine degli anni ’80, l’azienda passò nelle mani del nipote Decio e poi, nel 1999, del pronipote Angelo. Questi successori mantengono l’originale approccio aziendale, con l’invecchiamento in botti di rovere, l’imbottigliamento rigorosamente eseguito in loco e la vinificazione utilizzando solo lieviti indigeni provenienti dalle uve prodotte in azienda.

Attualmente, Cantina Fongoli si estende su un unico appezzamento di circa 35 ettari, di cui 23 sono dedicati ai vigneti, mentre il resto comprende uliveti, boschi, una tartufaia e prati. L’intera azienda è gestita secondo i principi della biodinamica. L’archivio storico della cantina Fongoli rappresenta un affascinante documento storico sull’evoluzione dell’imbottigliamento a Montefalco. Le etichette dei vini raccontano i cambiamenti epocali, generazionali, politici e socio-culturali attraverso l’uso di varie tipologie di carta, colori e indicazioni legali, rimanendo tuttavia fedeli all’essenzialità che è diventata una tradizione distintiva della famiglia Fongoli.

APPROCCIO NATURALE

L’azienda Fongoli adotta da sempre un approccio attento all’ambiente, ma a partire dagli ultimi anni del 1900 abbraccia un ritorno completo al mondo del naturale integrale. I terreni dei vigneti si coltivano con tecniche che promuovono l’ossigenazione e la permeabilità, come la lavorazione profonda autunnale e la copertura con sovescio spontaneo o seminato durante la primavera-estate. Non si utilizzano fertilizzanti chimici o letame. Le pratiche agricole tradizionali sono ripristinate, evitando l’uso di attrezzi rotativi che potrebbero alterare il terreno. Il diserbo meccanico a fresa sul filare intero è sostituito da una lavorazione a dischiera limitata al sottofila, consentendo la crescita di varietà spontanee.

L’inerbimento viene gestito attentamente per favorire le piante autoctone e mantenere una frequenza e altezza dello sfalcio ottimali. Gli interventi sui vigneti sono ridotti al minimo per evitare la compattazione del terreno. La biodiversità nei vigneti è incrementata grazie alla presenza di alberi ad alto fusto, macchie e prati che circondano le aree coltivate. Periodicamente, vengono condotti monitoraggi per valutare la presenza e la tipologia di erbe e insetti nei vigneti.

 

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